mercoledì 14 luglio 2010

L'Anm: i magistrati coinvolti si dimettano

«È necessario un segnale forte. Il tentativo di sottovalutare la gravità della vicenda è pericoloso»
Il presidente dell'Anm Luca Palamara è drastico: i magistrati coinvolti nelle ultime inchieste (P3, eolico, ppalti G8) dovrebbero dimettersi. Ed è questa la netta posizione dell'Associazione Nazionale Magistrati. «Un segnale forte da dare - ha detto il segretario del sindacato delle toghe Giuseppe Cascini, nel corso della riunione del Comitato direttivo centrale - sarebbe quello per cui i magistrati coinvolti lasciassero libera l'istituzione, lasciassero la magistratura per non coinvolgerla». Un appello al quale Arcibaldo Miller, il capo degli ispettori del ministero della Giustizia coinvolto nell'inchiesta sulla presunta associazione segreta P3, replica con un secco no comment. «Su questo non intendo interloquire» ha detto Miller.

Secondo Cascini «bisogna avere la capacità e il coraggio di farsi da parte. Quando il sospetto sulla tua persona getta ombra sulla categoria della quale si fa parte, è necessario lasciare libera l'istituzione», ha affermato il segretario dell'Anm. «È necessario un segnale forte», fermo restando tutte le garanzie previste dalla legge: «Il disciplinare, il primo grado, l’appello, la Cassazione e anche la prescrizione». Per Cascini «il tentativo di sottovalutare la gravità della vicenda è pericoloso». La storia della cosiddetta P3 ha infatti, secondo il magistrato, «caratteristiche analoghe a quella che negli anni Ottanta riguardò la P2. E le differenze sono a svantaggio della vicenda attuale, che ha elementi di grottesco che la rendono peggiore. Per questo», conclude Cascini, «abbiamo il dovere di dare una risposta chiara». Della necessità di risposte «chiare e sollecite» ha parlato anche il presidente dell’Anm, Luca Palamara: «Non vogliamo essere accomunati a realtà che non ci appartengono. Su questi temi bisogna sgomberare il campo da equivoci. Noi vogliamo magistrati integerrimi e indipendenti che fanno il loro lavoro nelle aule di giustizia».
Corriere della Sera, 14 luglio 2010

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