Circa quaranta cani, emaciati e stesi nelle loro gabbie su un letto di feci alto diversi centimetri, in condizioni di salute drammatiche. Oltre venti gatti assetati allo spasimo, se non già morti, prigionieri nei loro trasportini. Un odore indescrivibile di escrementi e morte. Lo scenario, un casale nei dintorni di Campagnano, in provincia di Roma, dove stamattina sono intervenuti i carabinieri e i vigili urbani salvando gli animali che sono stati affidati alle cure di un'associazione animalista. Il casale, in località Valle del Baccano, è una vecchia conoscenza degli attivisti locali.
«La struttura è di una coppia di italiani sui quarant'anni - spiega Elisabetta Contri della Fondazione Prelz, una onlus che si occupa di cani abbandonati - Loro sostengono di prendere questi cani perchè sono animalisti. Li raccolgono dalla strada; a volte, dicono, glieli lasciano davanti al cancello. Però non li sterilizzano: li lasciano riprodurre liberamente. Spesso i maschi litigano tra loro e si feriscono. La donna è assente da qualche tempo. Lui invece è in ospedale e ieri pomeriggio ha chiamato il suo fornitore di mangime per chiedergli di nutrire gli animali al posto suo. Questi però ha avvertito noi, che ieri sera abbiamo fatto un primo sopralluogo». Stamattina alle 10 sono tornati al casale, e hanno segnalato al 112 quanto avevano scoperto. Uno spettacolo, quello descritto dagli attivisti, davvero straziante: «Cani e gatti erano affamati e assetati. Sono magrissimi e ci sono anche femmine incinte. Nei trasportini lasciati al sole abbiamo trovato gatti già morti. Sul fondo dei recinti, anche dove non abbiamo trovato cani, uno strato di escrementi che sembra essere lì da anni. Quando abbiamo spruzzato dell'acqua con il tubo di gomma ci si sono precipitati».
La Fondazione Prelz, dice Contri, si era già interessata a questo caso e nel 2006 contribuì a salvare gli animali da una inondazione. Con l'occasione li sterilizzò tutti, pensando che la storia si sarebbe conclusa lì. «Ma non è andata così, hanno continuato a prendere con loro i cani» ha concluso la socia della Fondazione. Sul posto è intervenuta anche la Asl Roma F. Il titolare del casale potrebbe essere deferito all'autorità giudiziaria per le conseguenze dello stato di abbandono degli animali, mentre il casale potrebbe essere sequestrato.
Dal Messaggero del 26 giugno 2010
«La struttura è di una coppia di italiani sui quarant'anni - spiega Elisabetta Contri della Fondazione Prelz, una onlus che si occupa di cani abbandonati - Loro sostengono di prendere questi cani perchè sono animalisti. Li raccolgono dalla strada; a volte, dicono, glieli lasciano davanti al cancello. Però non li sterilizzano: li lasciano riprodurre liberamente. Spesso i maschi litigano tra loro e si feriscono. La donna è assente da qualche tempo. Lui invece è in ospedale e ieri pomeriggio ha chiamato il suo fornitore di mangime per chiedergli di nutrire gli animali al posto suo. Questi però ha avvertito noi, che ieri sera abbiamo fatto un primo sopralluogo». Stamattina alle 10 sono tornati al casale, e hanno segnalato al 112 quanto avevano scoperto. Uno spettacolo, quello descritto dagli attivisti, davvero straziante: «Cani e gatti erano affamati e assetati. Sono magrissimi e ci sono anche femmine incinte. Nei trasportini lasciati al sole abbiamo trovato gatti già morti. Sul fondo dei recinti, anche dove non abbiamo trovato cani, uno strato di escrementi che sembra essere lì da anni. Quando abbiamo spruzzato dell'acqua con il tubo di gomma ci si sono precipitati».
La Fondazione Prelz, dice Contri, si era già interessata a questo caso e nel 2006 contribuì a salvare gli animali da una inondazione. Con l'occasione li sterilizzò tutti, pensando che la storia si sarebbe conclusa lì. «Ma non è andata così, hanno continuato a prendere con loro i cani» ha concluso la socia della Fondazione. Sul posto è intervenuta anche la Asl Roma F. Il titolare del casale potrebbe essere deferito all'autorità giudiziaria per le conseguenze dello stato di abbandono degli animali, mentre il casale potrebbe essere sequestrato.
Dal Messaggero del 26 giugno 2010
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