domenica 31 ottobre 2010

Siamo liberi in un Paese libero? Mah




L'editoriale del 14 ottobre 2009 della rivista dell'Aduc "Avvertenze" che viene pubblicata ogni mercoledì

Esiste un principio nel nostro ordinamento giuridico che gli esperti del settore indicano come "nemo tenetur se detegere", una locuzione latina che esprime il principio di diritto processuale penale, grazie al quale nessuno può essere obbligato ad autodenunciarsi. L'ordinamento giuridico, a fronte di diversi interessi, privilegia la libertà personale e non la repressione di un reato. Nel contempo, nel nostro ordinamento è prevista l'obbligatorietà dell'azione penale. Qualcosa non torna, siamo in un sistema schizofrenico. L'individuo è libero di fronte alla giustizia, ma non lo è più quando, da giudice, deve decidere se ci sono i presupposti o meno per usarla: non può decidere l'irrilevanza dell'avvio di un procedimento, ma come "servitore dello Stato" deve comunque avviarlo e solo dopo può intervenire per dimostrare questa irrilevanza. Non può essere considerato soggetto responsabile davanti alla Giustizia al pari di chi non è costretto ad autodenunciarsi: la repressione di un reato, da questo lato, è privilegiata rispetto alla libertà e alla responsabilità personale. La libertà non è uguale per tutti.
Mah!

Prendo una multa per violazione del codice della strada e la notifica mi viene fatta da un'azienda privata con cui il Comune ha un contratto. Il codice è vago. La Corte di Cassazione e il Tribunale Amministrativo regionale, con diverse sfaccettature, hanno sentenziato in alcuni casi che questa azienda non può fare le notifiche, ma il ministero dell'Interno dice che è possibile; un giudice di pace è d'accordo con il Tar e probabilmente il Comune farà ricorso sperando che il giudice d'appello segua il ministero e non gli altri tribunali. La legge, intesa come riferimento per il quieto vivere e non come un gioco d'azzardo, non è uguale per tutti.
Mah!

Mi nasce un figlio e la parrocchia vicina invia al mio indirizzo un invito a recarmi presso di loro per godere dei loro servizi religiosi. Dove hanno preso il mio indirizzo? La legge sulla Privacy indica esplicitamente che per inviarmi qualcosa a casa c'è bisogno che io dia un consenso. Ricorro al Garante e mi dà ragione. Chi ha torto si appella al tribunale e quest'ultimo gli dà ragione. Anche se le norme non sono ambigue, ora dovrà decidere la Cassazione e pende una interrogazione parlamentare. La legge, anche qui, non è uguale per tutti.
Mah!

Mi arriva la bolletta del telefono e ci sono 49 euro per la disdetta di un servizio che le norme, invece, prevedono che sia senza penali. Telefono al gestore e riesco a parlarci solo dopo giorni e giorni di tentativi con cancelletti, numeri, "attenda" e cascate della linea di cui ho perso il conto.... e mi dice che ho torto io e ragione lui. Faccio la messa in mora con raccomandata A/R e non vengo considerato. Vado all'ufficio di conciliazione del Corecom e il gestore non si presenta. Ora dovrei portarlo davanti ad un giudice... per 49 euro.... e se questo giudice usa la sua libertà come sopra, cioè applicando la legge come crede e ignorando i dettami precisi? Perché le autorità preposte non intervengono a fronte delle migliaia di segnalazioni in merito? Oppure intervengono multando questi gestori con pochi spiccioli (che a questi ultimi conviene spendere, visto che sono quattro gatti gli utenti che li portano in giudizio)? Nel momento in cui si consente di delinquere in continuazione, la legge non è uguale per tutti.
Mah!

Ci fermiamo qui. Crediamo di aver reso il concetto e la pratica, che tutti subiamo quotidianamente.
E' questo un Paese libero? Cioè sono liberi i cittadini di essere se stessi senza che arrivi un qualcun altro che, più libero di lui magari anche in forza della legge, gli leva la sua libertà? E quale libertà hanno i cittadini quando questa schizofrenia civica e' vissuta anche dai giudici?

Nessun commento: