Il problema è che siamo abituati a dare un giudizio negativo sulle leggi di questa maggioranza; e così si finisce col disapprovare quasi aprioristicamente anche quanto di (quasi) buono essa fa. Mi riferisco al noto emendamento «salva premier» in base al quale i processi per reati puniti con pene fino a 10 anni e commessi entro il 30/6/92 vanno sospesi; tra questi, quello per corruzione in atti giudiziari pendente a Milano contro lo stesso Berlusconi.
Il pregiudizio non è proprio gratuito: leggi ad personam per evitare a Berlusconi condanne penali, più o meno certe in base alla legislazione vigente al momento in cui il processo veniva celebrato, sono state fatte, tante e con successo; e questa pare l'ultima della specie (fino ad ora). Però, forse, in questo caso va superato. La fine del processo contro Berlusconi è segnata, se non in primo grado nel secondo: salvo il caso di una assoluzione nel merito che pare improbabile, la sentenza sarà di estinzione del reato per prescrizione; e dunque Berlusconi non ha bisogno di questo emendamento per raggiungere un risultato che, sostanzialmente, ha già in tasca. Quanto alla riapertura dei termini per il patteggiamento (solo per i processi sospesi), anche in questo caso non credo possa pensarsi a una norma di favore: mi pare improbabile che Berlusconi intenda risolvere i suoi problemi giudiziari con un patteggiamento.
E, per finire, è la stessa dichiarata volontà di emanare una nuova legge che riproponga il cosiddetto lodo Schifani, già dichiarato incostituzionale dalla Corte (sono curioso di vedere cosa si inventeranno per reintrodurre un istituto che sembra fatto apposta per fare a pugni con la Costituzione italiana) che dimostra come la soluzione dei suoi guai giudiziari Berlusconi non la veda nella sospensione dei processi. È anche vero che si potrebbe pensare che il nostro agisca in previsione di guai giudiziari futuri; ma insomma mi pare evidente che l'emendamento in questione non «serva» al premier.
Così, sebbene i «precedenti» di questa maggioranza rendano arduo immaginare che il Governo agisca per rendere efficiente l'amministrazione della giustizia, si può anche immaginare che questo emendamento sia stato costruito effettivamente al fine di far uscire il sistema giudiziario penale dal buco in cui è stato cacciato. In sintesi, la filosofia pare essere questa: svuotiamo il magazzino, composto di merce vecchia e avariata e anche non tanto di pregio, e gestiamo utilmente la merce nuova e comunque quella vecchia, ma di particolare qualità. Il che ha almeno il merito di affrontare il problema giustizia in un'ottica di organizzazione concreta.
Mettiamo che sia così; solo che la tecnica scelta è del tutto inidonea allo scopo. Fra un anno i processi sospesi dovranno ricominciare; la sospensione non avrà comportato il decorso della prescrizione (che potrebbe avere il merito di «uccidere» processi già cadaveri) perché, come è noto, viene interrotta; inoltre avrà richiesto un costo organizzativo micidiale (notifiche, contronotifiche, disfacimento dei ruoli di udienza ecc. ); la ripresa richiederà un ulteriore terribile sforzo organizzativo; e, tutto sommato, non è che nell'anno di respiro che in questo modo si sarà guadagnato si sarà fatto granché di processi gravi e importanti. Sicché, come diceva Bartali, «è tutto da rifare».
Un modo razionale per affrontare il problema potrebbe essere questo:
1. ammettere una buona volta che la celebrazione di processi destinati alla prescrizione prima che il sistema giudiziario riesca a produrre una sentenza definitiva è inutile spreco di risorse.
2. prendere atto del fatto che il processo penale dura mediamente tra 6 e 8 anni, così suddivisi: da 1 a 2 anni per le indagini preliminari; 1 anno (ma spesso 2) prima che cominci il processo di primo grado; circa 2 anni (ma spesso 3) dal momento in cui viene emessa la sentenza del Tribunale fino alla prima udienza del processo in Appello; circa 1 anno 6 mesi fino alla sentenza di Corte di Cassazione.
3. prendere atto del fatto che non sempre la data di commissione del reato coincide con la data in cui cominciano le indagini e che spesso (sempre, nel caso dei reati tipici della classe dirigente: corruzione, frode fiscale, falso in bilancio, aggiotaggio, insider trading e compagnia cantando) questo è stato commesso 2, 3 o anche 4 anni prima che si comincino le indagini.
4. calcolare quindi, per ogni processo - operando si capisce una media -, quanti anni si hanno davanti prima che intervenga la prescrizione.
5. sospendere il processo ogni volta che gli anni necessari per arrivare alla sentenza definitiva siano più di quelli che mancano alla prescrizione.
In questo modo si potrebbe, ad esempio, non sperperare tempo e risorse in una indagine avviata oggi (giugno 2008) su un reato di falso in bilancio (o di frode fiscale, o di corruzione o qualsiasi altro che si prescriva in 7 anni e mezzo, dunque quasi tutti) risalente al 2005 e che si prescriverà nel 2013; perché, evidentemente, 5 anni non bastano per arrivare alla sentenza di Cassazione che, se tutto va bene, arriverà nel 2015. Tenendo conto che molti processi pendenti oggi in primo grado riguardano fatti che risalgono al 2004-2005 e che si prescriveranno certamente prima della sentenza definitiva, diventa ovvio che insistere nella loro celebrazione è del tutto inutile.
Allora la norma potrebbe essere scritta in questo modo: debbono essere sospesi a. tutti i processi che si trovano nella fase delle indagini preliminari e per i quali la prescrizione maturerà entro 4 anni. b. tutti i processi che si trovano nella fase del processo avanti al Tribunale e per i quali la prescrizione maturerà entro 3 anni. c. tutti i processi che si trovano nella fase del processo in Corte d'Appello e per i quali la prescrizione maturerà entro 1 anno e 6 mesi. Il vantaggio di una norma di questo tipo consiste nel fatto che essa è destinata a operare da qui in avanti e per tutti i processi; e quindi non ci sarà quel ritorno drammatico dei processi sospesi che ammazzerà definitivamente il sistema giudiziario penale; semplicemente un ufficio apposito emanerà provvedimenti di routine con cui si dichiara la prescrizione.
Insomma, si tratterebbe di una semplice applicazione di criteri di priorità, sistema che, con il processo penale che ci ritroviamo, è l'unico in grado di dare razionalità alla gestione dei processi. E ciò, con buona pace dell'Avvocatura che ha sempre sostenuto che i criteri di priorità violano il principio di obbligatorietà dell'azione penale. Un criterio di priorità fondato sulla imminenza della prescrizione non comporta una scelta insindacabile del Procuratore della Repubblica, assunta senza controllo né responsabilità (argomento abituale dell'Avvocatura); ma significa destinare le risorse del sistema giudiziario a quei processi che possono utilmente essere celebrati, rinunciando a semplici riti formali privi di significato, come appunto avviene quando si celebra un processo destinato alla prescrizione. A meno che, dietro queste critiche, non si nasconda la preoccupazione di vedere che, per una sostanziosa fetta di processi, non sarà possibile emettere adeguate parcelle... Insomma, per una volta, non mi pare che la produzione legislativa della maggioranza sia insensata; forse bisognerebbe solo aggiustarla un po'.
Bruno Tinti, Procuratore aggiunto della Repubblica di Torino
"La Stampa" del 24 giugno 2008
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